Il calore della terra: poco utilizzato rispetto alle potenzialità

 Il calore della terra: poco utilizzato rispetto alle potenzialità

Giorgio Ranalli, professore del Dipartimento di Scienze della terra all’Università Carleton

GeotermiaNews
Redazione
2013-01-03

Le ragioni di questo scarso utilizzo a fronte dell’elevata potenzialità sono sia storiche che economiche”; la redazione di Geotermia News ha intervistato Giorgio Ranalli, professore del Dipartimento di Scienze della terra all’Università Carleton, in Canada in occasione del convegno di Piancastagnaio “Il calore della terra: conoscere per capire e condividerne l’uso”.

«Il flusso di calore superficiale ed il gradiente geotermico sono soggetti a notevoli variazioni regionali, collegate a fattori geodinamici, magmatici e geologici. Tale flusso varia da meno di 40 mW/m2 in terreni molto antichi (Scudi Precambriani, di età > 600 Ma; 1 Ma=106 anni) fino a piú di 100 mW/m2 in aree geotermiche, dove la temperatura aumenta con la profondità ad un tasso molto più alto della media, a causa di recenti eventi tettonotermici (di età minore di 10 Ma come ordine di grandezza) e conseguente circolazione di fluidi idrotermali. Dal punto di vista del possibile uso come fonte di energia, queste “anomalie geotermiche” sono concettualmente equivalenti alle anomale concentrazioni di petrolio e minerali che costituiscono una parte importante della base materiale della società».

Nella sua presentazione introduttiva al convegno internazionale organizzato da CoSviG a Piancastagnaio lo scorso 10 dicembre, Giorgio Ranalli, Professore del Department of Earth Sciences, della Carleton University in Canada, ha illustrato la base geofisica del bilancio termico della Terra solida, da cui emerge la grande potenzialità del calore geotermico.

A fronte di questa enorme quantità di calore potenziale non corrisponde però un adeguato utilizzo. Le ragioni secondo Giorgio Ranalli, sono sia storiche che economiche:

«Nei tempi remoti si è utilizzato prima il legname e poi il petrolio, combustibili presenti in grandi quantità e sino a pochi anni fa a buon prezzo. Questo ha determinato un sorta di inerzia nella ricerca di altri sistemi di approvvigionamento energetico. E finchè il mercato sarà in grado di sopportare il peso dei costi dell’elettricità prodotta con le fonti fossili ci saranno scarsi incentivi al cambiamento. Questo è quanto si osserva in Canada, ma anche nei paesi europei si nota una certa inerzia».

Le stime della crescita della geotermia a livello mondiale indicano però un notevole incremento dell’utilizzo di questa risorsa in futuro, secondo lei sono veritiere?

«Le stime della crescita mondiale della geotermia indicano una crescita del 10% su scala mondiale, ma penso che ci vorrà ancora qualche anno prima di vedere risultati sostanziali. Deve aumentare in maniera sensibile il prezzo del petrolio per avere un cambiamento concreto, del resto i costi delle trivellazioni sono ancora alti per essere competitivi con l’estrazione petrolifera che rappresenta tuttora una lobby potente a livello globale e gode del un sostegno di gran parte dei governi».

Quindi sarà difficile sfruttare a pieno il potenziale del calore terrestre in un futuro prossimo?

«L’ammontare di energia termica che la Terra produce non è riferito alle effettive quantità sfruttabili: intanto è necessario avere in maniera contemporanea diverse condizioni utili, ovvero una crosta sottile, un tenore di calore molto alto e sismicità superficiale. Quindi se si vuole aumentare la potenza totale della geotermia è necessario avere una vasta conoscenza delle aree di sorgente e poi cercare le zone probabili ma meno ovvie da utilizzare. Non vi è dubbio però che l’utilizzo diretto del calore geotermico è senz’altro più semplice e a portata di gran parte dei territori».

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